Conoscere i virus

Virus, buone pratiche

Cosa sono i virus

Riassumendo al massimo e prendendo spunto dal sito dell’Istituto Superiore di Sanità (qui il link alla sezione) possiamo dire che i virus sono dei microrganismi estremamente piccoli, visibili solo al microscopio elettronico. Sono costituiti da materiale genetico racchiuso in un involucro di proteine e spesso anche una membrana più esterna, composta da grassi e proteine.

I virus non sono in grado di riprodursi autonomamente: instaurano con l’ospite un rapporto di tipo parassitario, poiché per sopravvivere e moltiplicarsi hanno bisogno di sfruttare alcune funzioni vitali dell’ospite.

Modalità di diffusione

Per parlare di trasmissione, ci appoggiamo sempre a fonti autorevoli, in particolare a “Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica – a cura dell’Istituto superiore di sanità” (qui il link).

Le malattie infettive contagiose sono causate da agenti patogeni (virus, batteri o funghi) che, in modo diretto o indiretto, vengono trasmesse ad altri soggetti. Per contrarre una malattia infettiva, l’individuo deve essere esposto al germe e non avere difese (naturali o acquisite) contro lo specifico agente infettivo. Per prevenire una malattia infettiva, si può agire sul contatto o sulla mancanza di difese: la rimozione di una delle due cause rende l’altra incapace di provocare la malattia.

Qualità dell’aria e virus

Riportiamo una serie di risorse esterne di autorevoli enti, che mettono in risalto come una pessima qualità dell’aria possa influire sulla diffusione dei virus.

Relazione circa l’effetto dell’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione di virus nella popolazione

SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale, Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale – CIRI Ricerca Industriale Fonti Rinnovabili, Ambiente, Mare ed Energia FRAME, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

La relazione (qui il pdf completo) parte dal presupposto scientifico noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici tra cui i virus. I virus si “attaccano” al particolato, costituito da particelle solide o liquide in grado di rimanere in atmosfera per ore, giorni o addirittura settimane, ed essere trasportate per lunghe distanze.

L’analisi si è basata sui dati rilevati dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) sulla concentrazione giornaliera di PM 10 e PM 2.5 e i dati sul numero di casi infetti da COVID-19 riportati sul sito della Protezione Civile.

Nella sezione “conclusione e suggerimenti”, si evidenza come la velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune zone del Nord Italia, potrebbe essere legata alle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico che ha effettuato un’azione di carrier e di boost (impulso alla diffusione).

Documentario NHK sui meccanismi di infezione – sperimentazione Toho University di Tokyo

Toho University di Tokyo, documentario realizzato dall’emittente giapponese NHK (video soggetto a copyright)

I ricercatori dell’Università di Toho (Tokyo), hanno effettuato delle sperimentazioni per capire per quanto tempo i micro-droplets (micro goccioline di saliva), rimangono in sospensione nell’aria.

Generiamo micro-droplets quando parliamo, respiriamo profondamente, ridiamo, starnutiamo e tossiamo ed altre persone – respirandole – possono contrarre infezioni virali.

Dopo 20 minuti i micro-droplets generati da un colpo di tosse sono ancora presenti negli ambienti: da qui l’importanza di areare gli ambienti e lavare l’aria.

Diminuire il rischio

Diminuire il rischio di infezione è possibile sia intervenendo sull’aria che sulle superfici.

Aria

L’areazione degli ambienti indoor è la prima pratica che consigliamo, anche se da sola non è sufficiente: gli inquinanti entrano anche dall’esterno e spesso non è possibile areare in modo continuativo tutti gli ambienti con presenza umana.

E’ quindi possibile affidarsi a soluzioni chimiche che risolvono il problema virale ma inquinano l’aria che respiriamo, oppure affidarsi a soluzioni che purificano l’aria con alta efficienza (filtrando fino alle nanoparticelle).

Gioel Air è un dispositivo idoneo a questo scopo, come sottolineato dal Prof. Paolo Ciccioli del CNR:

“Dal punto di vista fisico i virus sono delle nanoparticelle dell’ordine di 5-10 nm, estremamente difficili da filtrare in aria se non con filtri assoluti. Tuttavia, nel caso di virus che si trasmettono per via aerea, come il corona virus 2019, è noto che il contagio avviene per lo più attraverso le goccioline di saliva (droplets) aventi un diametro aerodinamico tipico delle particelle fini (0,3-3 um), che vengono rilasciate in numero elevato e ad alta velocità (fino a 150 km/h) quando persone infettate dal virus starnutiscono e tossiscono. Questo tipo di particelle, che in ambienti chiusi, può restare a lungo sospeso nell’atmosfera, può raggiungere gli alveoli polmonari se non viene rimosso dall’atmosfera stessa. Questo spiega perché le mascherine FFP2 o FFP3, rappresentano il presidio medico primario usato dai medici per proteggersi dalle infezioni.
Va con sé che qualsiasi sistema in grado di rimuovere particelle di 0,3 um può risultare efficace per la rimozione da ambienti dove esiste un accumulo di droplets indoor. Come provato dagli esperimenti effettuati presso il CNR di Roma, Il sistema Gioel risulta estremamente efficace nella rimozione degli aerosoli aventi un diametro aerodinamico >0,3 um, e potrebbe essere dunque molto efficace per ridurne il contenuto in ambienti confinati (sale di aspetto, case di riposo per anziani, scuole, ed in generale ambienti chiusi con presenza umana anche elevata).” – Paolo Ciccioli – CNR

Superfici

Anche in questo caso le alternative sono principalmente due: metodi fisici o metodi chimici.

Tra i metodi fisici è presente l’utilizzo del calore, sia umido che secco. Ogni micro-organismo, infatti, ha caratteristiche ben precise che regolano la sua termosensibilità: sottoposto ad alte temperature per un determinato periodo di tempo, il virus si inattiva. Questo rende il vapore, soprattutto quello surriscaldato perché sottoposto ad alta pressione, idoneo all’inattivazione delle cariche virali.

L’Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE) ha effettuato uno studio sull’efficacia di Gioel Vapore nell’inattivare i virus A/H1N1 (ceppo WSN/33) e Echovirus7. Entrambi i ceppi risultavano inattivati sia sulle superfici (una dura – acciaio e una porosa – cotone), che nell’acqua di raccolta dopo l’utilizzo di vapore e aspirazione.

Dott. Ferruzzi, Centro Antiveleni del Niguarda

L’alternativa è utilizzare metodi chimici, ovvero l’utilizzo di disinfettanti, ma ci sono almeno 3 elementi da tenere in considerazione:

  1. li respiriamo (vedi video Dott. Ferruzzi, Centro Antiveleni del Niguarda);
  2. sono difficili da usare ovunque (posti scomodi o superfici che si possono rovinare);
  3. costano e non sempre sono reperibili